Solo qualche anno fa, facevo qualche riflessione sulla trombamicizia, ritenendola una condizione più ambita dai maschietti che dalle femminucce. Avendo ormai superato la gavetta in questo pazzo pazzo mondo single, devo dire che è arrivato il momento di ricredermi, ovvero che ormai è frequente imbattersi in situazioni dove magari è l’uomo a nevrotizzarsi per la doppia spunta su Whatsapp che tarda ad arrivare, o a fare le scenate per reclamare attenzioni, mentre la donna invita a vivere il rapporto in modo più easy, non disdegnando di guardarsi continuamente attorno per saltare su una piattaforma più alta, come un Super Mario in sottoveste.
Niente da obiettare, ci sono trombamicizie riempitive (in tutti i sensi) che possono durare anni, l’unica controindicazione è che a furia di adattarsi a vivere come polli da cortile, diventa sempre più difficile poi immaginarsi a volare. Ci si nasconde dietro le ferite che ci ha provocato l’ammore nelle nostre vite precedenti, ci si consola immaginando che il mondo che ci circonda sia prevalentemente popolato da casi umani e persone psicopatiche. Si gode dei fallimenti delle coppie che abbiamo intorno, gioendo maleficamente dei loro litigi, o del loro appiattimento, per sentirci migliori.
Ma miei cari Bel Ami, questa cinica euforia serve spesso a mascherare la frustrazione di non essere più capaci a volare, a dare tutto noi stessi, a progettare una vita più grande di noi. Perché a furia di vivere in modalità “risparmio energetico”, poi non si riesce più a far accendere le lampadine. Perché il cuore sembra la candela bagnata di un vecchio Garelli, che hai voglia a stantuffare sul pedale dell’accensione, non ne vuole sapere di partire.
Evviva quindi la trombamicizia, quando è terapeutica, quando è meglio di niente, quando ci aiuta a riapprocciarci alla vita dopo un periodo buio. Ma non facciamo l’errore di vederla come un miraggio di singlitudine, un fine ultimo, una condizione ideale: perché nella vita ci si abitua a tutto, e a forza di abituarsi si può perdere la memoria, quella memoria che ci vorrebbe raccontare che un tempo desideravamo qualcosa di più. Che un tempo, eravamo qualcosa di più. Come diceva Aristotele, “come una rondine non fa primavera, né la fa un solo giorno di sole, così un solo giorno o un breve spazio di tempo non fanno felice nessuno”.