Se c’è un maestro di addii questo sono io, che siano pronunciati o subìti, conta poco. Lasciare andare qualcuno è in assoluto la cosa più difficile che ci può capitare nella vita, che ti mette tanto di quel sale in bocca da consumarti i polmoni, il respiro, i muscoli e le energie.
Quando qualcosa finisce, non si può continuare a tenerla in vita artificialmente, perché è come conservare un pezzo di formaggio in frigo fino a che non diventa un triste pezzo di muffa, e avrà perso ogni buon sapore del formaggio che era. E non è giusto, perché era un cazzo di formaggio da 50 euro al chilo, e non voglio ricordarlo come una crosta gelata. Voglio ricordare di quando correvo di corsa per mangiarlo, di quando facevo debiti per poterne avere un altro pezzo, di quando lo annusavo ad occhi chiusi accontentandomi di immaginarne il sapore. E non voglio stare a guardare fino all’arrivo dei vermi che, se non sono già arrivati, inevitabilmente arriveranno.
Mi trovo oggi, a dover dire di nuovo a qualcuno “lasciamoci andare”. Ad aprire le mani con le tenaglie, quando invece vorrebbero chiudersi a pugno, e ad accettare le cose. Ho cercato di berti con gli occhi mentre c’eri, e come dice quel cantante, “ero contentissimo e avrei voluto dire Dio, ancora”. Perché di tutti i mulini a vento contro i quali ci si può lanciare, ne esiste uno Nero e Imbattibile, che è quello della consapevolezza di non poter prendere il cuore dell’altro. Almeno questo, la mia età me l’ha insegnato.
Un giorno mi penserai, ne sono sicuro. Forse nel racconto che farai agli altri della tua vita sarò una paginetta neanche accennata, un “ma come si chiamava quello che scriveva bene?”, non so se sarò una capitoletto con una rosa profumata dentro o un paragrafo non troppo fondamentale da raccontare. Ma un giorno penserai a quell’uomo che ti beveva con gli occhi per non scordarti, sorriderai e mi manderai un bacio da lontano.
Può sembrare strano che io scriva qui qualcosa di così privato, che non ho mai detto con le parole. Ma “qui” è il posto dove ti sei appassionata a me. E “qui” è il diario che aveva iniziato a prendere una piega amara. Quindi “qui” è il posto dove apro piano le mani, per mandarci incontro a tentativi di gioie piene e sempre “qui”, è il posto da dove ti dico che mi mancherai.
mi sono commossa…
“Non siamo mai così indifesi verso la sofferenza, come nel momento in cui amiamo.” S. Freud